Iperammortamento: i chiarimenti sui magazzini autoportanti

I magazzini autoportanti, dal punto di vista tecnico, costituiscono una particolare tipologia di magazzini automatizzati, la loro caratteristica principale è rappresentata dal fatto che la struttura stessa del magazzino, cioè la scaffalatura asservita da impianti automatizzati di movimentazione, è progettata e realizzata in modo tale da poter sostenere pareti di tamponamento e coperture, così da consentire la realizzazione di un vero e proprio edificio.
Lo sviluppo in altezza di questi impianti incrementa sensibilmente il volume utile rispetto all'ingombro in pianta e di conseguenza riduce, a pari capacità di stoccaggio, l'area occupata nell'ambito dello stabilimento (stoccaggio intensivo).
I magazzini automatizzati autoportanti possono superare anche i 40 metri di altezza, quindi solitamente vengono progettati e realizzati in abbinamento a traslo-elevatori o navette che permettono un prelievo automatico e veloce della merce senza operatore.
Di frequente, diventa economicamente più conveniente optare per una soluzione autoportante, piuttosto di una tradizionale, quando si superano i 15/16 metri di altezza.

In linea di massima, ai fini dell’iperammortamento, i magazzini automatizzati interconnessi ai sistemi gestionali dell’impresa, sono riconducibili alla voce 12, del primo gruppo, dei beni inseriti nell’Allegato A (circolare n.4/E del 30 Marzo 2017).
La difficoltà interpretativa nasce dal fatto che, tali beni, sono costituiti anche da una componente immobiliare, rilevante ai fini della stima della rendita catastale.
Come noto, però, in base alla disposizione recata dall’articolo 1, comma 93, della legge n. 208 del 2015, non rientrano tra gli investimenti agevolabili quelli aventi ad oggetto “fabbricati e costruzioni”.

La risoluzione si fonda sul disposto di cui all’articolo 1, comma 21, L. 208/2015, secondo cui “A decorrere dal 1° Gennaio 2016, la determinazione della rendita catastale degli immobili a destinazione speciale e particolare, censibili nelle categorie catastali dei gruppi D e E, è effettuata, tramite stima diretta, tenendo conto del suolo e delle costruzioni, nonché degli elementi ad essi strutturalmente connessi che ne accrescono la qualità e l’utilità, nei limiti dell’ordinario apprezzamento. Sono esclusi dalla stessa stima diretta macchinari, congegni, attrezzature ed altri impianti, funzionali allo specifico processo produttivo.

In linea generale, ne consegue che, in base alla disciplina in vigore per la determinazione della rendita catastale, le componenti di un magazzino automatizzato autoportante, rilevanti ai fini del calcolo dell’agevolazione, devono essere distinte in due macro-componenti:

  1. Componente immobiliare: il suolo, le costruzioni e gli elementi strutturalmente connessi al suolo o alle costruzioni che ne accrescono la qualità e l’utilità;
  2. Componente impiantistica: sistema di automazione della movimentazione di magazzino (traslo-elevatori, handling system, trasportatori automatizzati, incroci rulli/catene, ecc.), funzionali alla “trasformazione logistica” dei materiali stoccati.

In sostanza, ai fini della determinazione della rendita, va operata una distinzione tra ciò che è “costruzione”, e quindi deve essere incluso nella stima della rendita catastale dell’unità immobiliare, e ciò che è invece “impianto”. Tale distinguo diventa essenziale anche per definire quali sono le componenti dell’unità immobiliare agevolabili con l’iperammortamento.

Nel caso specifico dei magazzini automatizzati autoportanti, la “componente immobiliare” tipicamente comprende: fondazioni, palificazioni, platee, eventuali divisori verticali e orizzontali, pareti di tamponamento e coperture, impianti elettrici, idrico-sanitari, di areazione, di climatizzazione, antincendio.

La risoluzione 62/E/2018 precisa inoltre che, oltre ai suddetti elementi, occorre includere nella “componente immobiliare” anche le scaffalature asservite dagli impianti automatici di movimentazione, in quanto, progettate e realizzate per assolvere anche la funzione di strutture portanti, a cui sono direttamente connessi gli elementi di copertura e di tamponatura, così da realizzare un vero e proprio edificio.

In base alla risoluzione citata, le strutture costituenti le scaffalature dei magazzini autoportanti, rappresentano quindi elementi propri del fabbricato e, in quanto tali, sono annoverabili, a tutti gli effetti, tra le “costruzioni”.

Nei magazzini automatizzati non autoportanti, invece, le scaffalature non fungono da strutture portanti di parti del fabbricato, esse sono invece parte integrante dell’impianto di automazione, perché progettate in modo da poter essere asservite da impianti automatici di movimentazione (traslo-elevatori o navette), collegandosi ad essi in modo solidale.

Nei magazzini automatizzati non autoportanti, pertanto, le scaffalature possono essere ricomprese nella “componente impiantistica” dell’unità immobiliare, assieme all’impianto di automazione della movimentazione dei materiali stoccati, al software “embedded” per l’automazione (software PLC, WCS, WMS) e ai costi di progettazione, installazione e collaudo dell’impianto di automazione del magazzino.

La soluzione prospettata a livello di prassi, pur fornendo chiarimenti importanti, suscita qualche perplessità a livello applicativo, perché, in sostanza, ai fini dell’iperammortamento, tratta in modo differente beni equivalenti sotto il profilo tecnico della trasformazione dell’impresa in ottica 4.0.

Probabilmente sarebbe utile un ulteriore intervento a livello ministeriale, volto ad includere almeno una quota del costo delle scaffalature dei magazzini autoportanti, perché più propriamente riconducibili a componenti impiantistiche, funzionali allo specifico processo di trasformazione logistica.



Newsletter inviata il giorno 24/09/2018


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