Credito d’imposta R&S: ultimissimi aggiornamenti

Innovazione di processo vs sviluppo sperimentale di processo
La realizzazione di un progetto basato sull’installazione di un sistema informatico condiviso «cross-department» per la gestione delle informazioni di natura tecnica in tempo reale rientra nell’innovazione di processo e non può fruire del credito di imposta per la ricerca.
Lo specifica Agenzia delle Entrate nella risoluzione 40/E riportando un parere tecnico del Mise.
Di fatto si tratta di un ulteriore intervento ministeriale sulle attività ammissibili ai fini del calcolo del credito di imposta per la ricerca e sviluppo, che distingue il concetto di innovazione di processo (e organizzativa) dall’ambito oggettivo della norma, che è invece sostanzialmente delineato dalle definizioni di ricerca fondamentale, ricerca industriale e sviluppo sperimentale, di cui paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione 2014/C 198/03.
In particolare, la risoluzione 40/E esamina l’interpello specifico di una società che opera nel settore delle telecomunicazioni, la quale, per favorire la crescita del proprio business, ha intrapreso un progetto finalizzato alla gestione delle informazioni mediante un sistema informatico condiviso, in grado di offrire in tempo reale informazioni di natura tecnica in sede di sopralluogo, installazione, manutenzione, guasto, a supporto di attività offerte, di qualità dei servizi contrattualizzati, dei controlli e del monitoraggio delle attività aziendali.
Secondo la società istante, le attività svolte rientrerebbero nell’articolo 3, comma 4 lettera c) del Dl 145/2013, cioè nello «sviluppo sperimentale».
Le Entrate rispondono negativamente all’istanza della società sulla scorta di un particolareggiato parere rilasciato dal Mise, il quale, ribadisce che l’individuazione delle attività ammissibili alla disciplina nazionale ricalca le tre categorie di ricerca e sviluppo corrispondenti alle richiamate definizioni, del già citato paragrafo 1.3, punto 15, della Comunicazione della Commissione Europea (2014/C 198/01).
A sua volta, la disciplina comunitaria, per classificare le diverse attività in base alla pertinente categoria, si basa sugli esempi e le spiegazioni specifiche fornite nel Manuale di Frascati dell'OCSE. I criteri di classificazione indicati nel suddetto Manuale di Frascati, pertanto, assumono rilevanza, in via di principio, al fine stabilire se le attività per le quali viene richiesto il beneficio del credito d'imposta soddisfino i requisiti sostanziali per rientrare in una delle tre categorie di ricerca e sviluppo corrispondenti alle richiamate definizioni comunitarie.
Secondo questi criteri, rilevano le attività riguardanti progetti intrapresi per il superamento di una o più incertezze scientifiche o tecnologiche la cui soluzione non sarebbe possibile sulla base dello stato dell’arte del settore di riferimento e cioè applicando le tecniche o le conoscenze già note e diffuse nel mercato in cui opera l’impresa.
Le attività eleggibili all’agevolazione devono quindi presentare elementi di novità e creatività nonché un certo grado di incertezza o rischio d’insuccesso scientifico o tecnologico.
Nel caso esaminato queste caratteristiche innovative non sono state individuate.
L’Agenzia, infatti, arriva a concludere che il sistema informatico condiviso, pur determinando importanti benefici economici per l’impresa come pure importanti cambiamenti organizzativi, deve inquadrarsi nella «innovazione di processo».
In termini più generali, sarebbe però opportuno chiarire che non tutti i progetti di miglioramento dei processi produttivi esistenti devono essere qualificati come “innovazione di processo”.
Sul punto è senz'altro utile ricordare che il Manuale di Frascati stesso definisce lo sviluppo sperimentale come un lavoro sistematico, basato sulle conoscenze acquisite dalla ricerca e dall'esperienza pratica e sulla produzione di conoscenze supplementari, finalizzato alla creazione di nuovi prodotti o processi o al miglioramento di prodotti o processi esistenti.
Assodato che è possibile sviluppare sperimentalmente un processo produttivo esistente, si tratta quindi di comprendere a fondo i criteri di classificazione utilizzati dal Manuale di Frascati, anche attraverso i suoi esempi e spiegazioni di casi specifici, per delineare con precisione il confine tra innovazione e sviluppo sperimentale di un processo produttivo esistente.
In questa prospettiva, lo specifico esempio tratto dall’ingegneria industriale ai punti 2.59-2.60 del Manuale di Frascati, aiuta a caratterizzare meglio la nozione di sviluppo sperimentale di processo, in quanto viene spiegato che, nella maggior parte dei casi, le fasi di sviluppo degli strumenti e di ingegneria industriale di un progetto sono considerate parte integrante del processo di produzione e non di ricerca e sviluppo.
Le fasi di sviluppo degli strumenti sono tipicamente tre:

  • il primo utilizzo dei componenti (compreso l'utilizzo di componenti derivanti da attività di R&S);
  • la strumentazione iniziale delle attrezzature per la produzione di massa;
  • l'installazione di apparecchiature connesse all'avvio della produzione di massa.

Al punto 2.60 si aggiunge però che, se il processo di produzione degli strumenti comporta ulteriori attività di ricerca e sviluppo, quali miglioramenti nella produzione di macchinari e attrezzature o modifiche delle procedure di produzione e di controllo della qualità o lo sviluppo di nuovi metodi e norme, tali attività sono classificate come attività di ricerca e sviluppo.
Le attività di ricerca e sviluppo di "feedback" risultanti dalla fase di produzione degli strumenti dovrebbero essere considerate attività di ricerca e sviluppo.
Resta inteso che, in base ai criteri definiti dal Manuale di Frascati, essendo l’incertezza requisito intrinseco di tutti i progetti di sviluppo sperimentale - inclusi quelli di processo - le modifiche e i miglioramenti di cui al sopra citato punto 2.60 non dovrebbero essere automaticamente implementati, cioè potrebbero essere agevolate anche attività di sviluppo che non hanno portato al superamento delle difficoltà tecnologiche esistenti nel processo produttivo o hanno condotto a risultati (ad esempio nuovi metodi di controllo o procedure di produzione modificate) che potrebbero non trovare effettivo utilizzo nell'attività dell'azienda.
Viceversa, con specifico riferimento alle modifiche e ai miglioramenti dei processi esistenti effettivamente implementati dall’azienda, Agenzia delle Entrate, con la circolare n.5/E del 16 marzo 2016, confermando il proprio consolidato orientamento, ha incluso nel perimetro oggettivo dell’agevolazione “le modifiche di processo o di prodotto che apportano cambiamenti o miglioramenti significativi delle linee e/o delle tecniche di produzione o dei prodotti (quali, ad esempio, la sperimentazione di una nuova linea produttiva, la modifica delle caratteristiche tecniche e funzionali di un prodotto)”.
Tale impostazione, peraltro coerente con il dato letterale dell’art. 2, comma 2, del DM 27 maggio 2015, specifica – a contrariis – che non si considerano attività di ricerca e sviluppo tutte quelle modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti, quando assumono carattere scarsamente “significativo”.
La circolare n.5/E aveva di conseguenza escluso dal perimetro dell’agevolazione le modifiche non significative di prodotti e di processi (a titolo esemplificativo, le modifiche stagionali, le modifiche di design di un prodotto, la mera sostituzione di un bene strumentale, i miglioramenti, qualitativi o quantitativi derivanti dall’utilizzo di sistemi di produzione che sono molto simili a quelli già usati).
Sull’apporto di miglioramenti significativi ai prodotti o processi esistenti, la risoluzione 40/E introduce un’ulteriore precisazione, perché richiede che i suddetti miglioramenti non derivino dal semplice utilizzo da parte dell'impresa di tecnologie esistenti e già diffuse nel settore di appartenenza.
A ben vedere questo tipo di approccio definitorio sembra andare oltre le definizioni di ricerca e sviluppo contenute nel Manuale di Frascati, Edizione 2015, includendo anche innovazioni di prodotto e/o di processo “significative” per il settore di appartenenza dell’impresa.
In relazione a quest’ultimo aspetto, sarebbe auspicabile che il Mise fornisse parametri più precisi per qualificare correttamente i miglioramenti “significativi”, ma in ogni caso, con particolare riferimento alle modifiche e ai miglioramenti dei propri processi produttivi, ciò che risulta opportuno è che le imprese specifichino, in modo chiaro e misurabile, diminuzioni dei costi unitari di produzione o consegna, aumenti misurabili della qualità o della capacità di produrre/consegnare prodotti nuovi o significativamente migliorati, apprezzabili per il mercato in cui esse operano.
In quest’ottica andrebbe forse data maggiore enfasi al contesto in cui operano le imprese e al grado di diffusione effettivo delle conoscenze nell’ambito di riferimento, includendo perciò anche progetti realizzati da imprese che non dispongono di tutte le conoscenze esistenti in un determinato comparto tecnologico, ma riescono comunque ad acquisire per via sperimentale conoscenze già note, ma non diffuse nel mercato in cui esse operano.


La manovra ha esteso a tutti l’obbligo di certificazione ma il beneficio resta solo alle piccole imprese
Le spese sostenute per la certificazione contabile del credito d’imposta ricerca e sviluppo sono agevolabili solo per le imprese non tenute alla revisione legale dei conti.
Tali spese, pertanto, non sono ammesse per le imprese soggette a revisione, nonostante l’estensione dell’obbligo previsto dalla legge di Bilancio 2019 anche in capo a questi soggetti.
Per le imprese obbligate alla revisione legale dei conti la certificazione delle spese per ricerca e sviluppo deve essere necessariamente rilasciata dal soggetto incaricato del controllo contabile (collegio sindacale, società di revisione o revisore), che tuttavia normalmente addebita un corrispettivo aggiuntivo per tale attività, anche in considerazione della maggiore mole di lavoro richiesta.
La circolare 8/E di Agenzia ha inoltre previsto che, in considerazione della natura e delle finalità della certificazione, tale attività non possa essere svolta, in analogia con le attività di revisione del bilancio, con criteri di selezione a campione dei documenti o dei contratti da verificare.
All’avvenuta certificazione della documentazione contabile delle spese viene subordinata la fruizione del credito d’imposta R&S. Tale previsione si rende applicabile già a partire dal credito d’imposta maturato in relazione al periodo di imposta 2018.



Newsletter inviata il giorno 18/04/2019


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